Poeti dialettali e romanesco

di Maurizio De Cicco

Poeti dialettali e romanesco

26 Marzo 2023 Articoli Poesie 0

Poeti dialettali e romanesco

 

Spesso mi capitava durante la notte, di avere un pensiero o una frase che mi passava per la testa. E puntualmente mi svegliavo cercando di riaddormentarmi. In quella sorta di dormiveglia però cominciavo a rimuginare su ciò che mi si affacciava alla mente. Iniziavo a rigirarmi nel letto, quasi come una canzone di Baglioni: “ho girato e rigirato senza sapere dove andare…”. Poi ad un certo punto mi alzavo sapendo dove andare. Al computer dove mi mettevo a comporre le liriche o un articolo o come in questo caso, tutte e due le cose. Annoto sempre per abitudine l’ora in cui inizio a scrivere. Soprattutto poesie e filastrocche. Infatti, chi legge queste mie pubblicazioni, troverà gli orari più sconclusionati in calce al testo. Meglio che non dica che ore fossero in quel momento, ma da lì all’alba ancora ce ne correva… .

 

Una mattina del 2021 ho scritto una composizione in vernacolo romanesco che non è il mio modo di parlare perché nato a Milano. Da 52 anni vivo in Toscana (1971) di cui gli ultimi 37 a Firenze (1986). Quindi il sottoscritto ed il romanesco non hanno niente in comune però, non so per quale motivo, ogni tanto parto per la tangente capitolina e scrivo in quella lingua. Poi sottopongo il testo ad un caro amico, romano de Roma per sapere se è scritto bene e quasi mai apporta sostanziali correzioni. Nella poesia che pubblico a fine di questo articolo avevo inserito tre doppie. Come mi ha scritto il caro amico, forse a livello editoriale si sarebbero potute anche lasciare però le ha tolte e va bene così. Eppure con Roma e i’ romanesco e un c’incastro nulla! Fatto questo preambolo, nella mia lirica cito due personaggi recenti che per me sono la poesia dialettale della capitale, senza volere escludere nessuno. Si tratta di Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioacchino Raimondo Belli (Roma 1791-1863) e Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma 1871-1950). Il primo conosciuto come Giuseppe Gioacchino Belli il secondo come da un suo anagramma, Trilussa. Quest’ultimo ebbe anche incarichi parlamentari fino al 1950, anno della sua morte. Per inserirli nel mio omaggio alla poesia dialettale romanesca, ho cercato ulteriori informazioni su questi due personaggi che hanno sempre attratto la mia curiosità fin da ragazzo, con i loro componimenti poetici. Mi è sempre piaciuto il fatto che con sottile ironia e abile maestria, questi due autori non le mandavano a dire. Nella mia ricerca ho notato una singolare coincidenza, che ovviamente non vuole dire nulla, ma che non poteva passare inosservata almeno ai miei occhi. Il Belli è morto il 21 dicembre 1863, Trilussa scompare il 21 dicembre 1950, io sono nato il 21 dicembre 1961. Avrei potuto ignorare una simile coincidenza? No davvero e ciò, ripeto, non vuol dire assolutamente nulla. Lungi da me cercare un benché minimo paragone con questi due “mostri sacri” della poesia dialettale romanesca e non solo. Il mio vuole essere un modesto tributo. Non ho idea se attualmente nelle scuole, perlomeno in quelle romane, facciano leggere i testi di questi due poeti. Mi sorge spontanea una domanda: oggi, invogliano i ragazzi a conoscere e cimentarsi nella lettura e nella scrittura? Forse qualcuno sì, ma secondo me (mia personalissima opinione), la scuola ha perso molto del suo modo di essere propedeutica come un tempo. Ammetto di non essere troppo aggiornato sui metodi di insegnamento odierni e ci sta che mi sbagli, però  non so se ancora si imparano più le poesie a memoria, mentre le ricerche e le letture si fanno più in internet, citando poi il link di riferimento, che sui libri. Infatti, chiudono le librerie, anche quelle storiche e le biblioteche sono in crisi avanzata. È non è stata solo colpa della pandemia. Preferisco non commentare oltre, ma rendere omaggio a questi due poeti con il seguente modesto contributo.

 

 

Li ggiovani de oggi

 

 

 

‘na vorta ce chiamavano
cittadini der monno
e mo’ che so’ passati
appena ducent’anni,
sto monno l’avemo fatto diventa’
‘na monnezza.
Me sto a senti’ male
se me metto a pensa’
che ar prossimo passo
potemo diventa’
‘na monnezza de cittadini.
“A Romolè! Macche’ stai a di’ ppe ddavero?”.
“A Nando! Girate ‘n torno
e dimme che stai a guarda’.
Te voi fa’ chiama’ normale
co’ ttutta sta caciara
che se provi a move ‘n dito
trovi sortanto gente che te spara?
Oppure che t’enfama
solo pecche’ è ggelosa
se te voi move pe’ magna’
e pp’ave’ sortanto ‘n po’ de fama?”.
“Ma li morte’!!! c’hai proprio raggione
er passo è stato proprio bbreve.
Invece d’anna’ avanti
semo tornati ‘ndietro.
Artro che cittadini der monno
c’hanno fatto diventa’ monnezza
che ppure noi se continuamo ccosi’
ce stamo a diventa’.
Vabbene er progresso, ‘e comodita’,
ma ce semo bevuti er cervello
co’ tutta st’agnoranza’ ? .
Vaje a domanna’ a regazzino de oggi
chi era Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri
e te dira’: ma che e’ ‘na squadra de carcio?
Che ce l’hai ar fantacarcio? Troppo fico!!!.
Mo’ prova a dije ch’era detto Trilussa
ce sta che te risponnerà:
c’ho sapevo. Era brasiliano o argentino,
ma era lupacchiotto o aquilotto?”.
“Anvedi questo: era ‘n Poeta
che scriveva en romanesco
e mejo poesie che se potevano senti’.
E’ ppure stato uno der senato”.
“Sì ma e’ rrobba da vecchi”.
“Vecchi ‘n par de ciufoli!!.
Devi da sape’ ch’e’ mmorto che
c’aveva quasi ottant’anni
ner millenovecentocinquanta,
ma ancora vive ne epoesie c’ha scritto.
Le devi da legge e da studia’
senno’ lo fai mori’ n’artra vorta.
Quanno te trovi vatte a guarda’ ppure
er Belli, ch’era nato prima de lui
e che so’ mmorti n’o stesso ggiorno
e pure lui era ‘n poeta romanesco.
Quello che ne “La bona familia” scrisse:
E appena visto er fonno ar bucaletto,
’na pisciatina , ’na sarvereggina,
e, in santa pace, se n’annamo a letto”.
E questo nun è gnente:
datte da fa’ nun rimane’gnorante
studia, impara l’arte
e nun la mette da parte
ma ‘a devi da divurga’
prima c’a monnezza der monno
affoghi tutta l’umanita’ ”.

 

Firenze, 11/5/2021 ore 5.06

 

 

Immagini dal web

 

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