Di bianco e di nero

Marco Vichi era un caro e fraterno amico nato come me nel 1961. Un incidente stradale lo ha strappato alla vita terrena nel 2006. Ricordo di lui soprattutto l’espressione radiosa che aveva sul volto ai primi di settembre del 1996 dopo che la Nobile Contrada del Bruco, di cui era Contradaiolo, si aggiudicò la Carriera del 16 agosto, togliendosi lo scomodo titolo di “nonna” del Palio, che durava dal 2 luglio 1955. In realtà il suo ricordo è sempre vivo in me, ma quella volta fu veramente speciale.

Il sonetto, che a Siena vanta una tradizione particolare, è un componimento in endecasillabo. Formato da versi di undici sillabe, si compone di quattro strofe. La regola stabilisce che siano due quartine-quattro versi- e due terzine-tre versi-. Volendo, come in questo caso, si può chiudere con una coda in settenario, cioè con l’ultimo verso formato da sette sillabe. Esso prende il nome di sonetto caudato.

Di bianco e di nero

Su quel poggio nel Chianti si rimira

la città che di storia dà memoria.

Ed il Palio protegge, poi difende,

la sua gente con la fede assertoria.

Tradizione da secoli passati

dai padri custodita, tramandata,

gelosamente agl’eredi lasciata:

la Carriera nel Campo così vedi.

Nove spicchi nella Piazza radianti

quale Coro degl’Angeli brillanti.

Le chiarine dal suono sfolgorante

in onòr della Vergine Celeste

con l’azzurro mantello rivestita,

sembrano voci devote di ancelle,

di luminose Stelle.

Ciao Marco, ovunque tu sia.

Firenze, 25/3/2019 ore 16.17 rivista e corretta il 18/1/2022 ore 7.41 e il 26/7/2023 ore 5.35

Immagine: Maurizio De Cicco