Canzone sopra la felicità di Firenze
Canzone sopra la felicità di Firenze
Come riportato nel precedente articolo su Savonarola, pubblico questa prima testimonianza scritta del frate ferrarese e riportata in una pubblicazione postuma alla sua morte.
(Ferrara, 21 settembre 1452 – Firenze, 23 maggio 1498).
Di alcune rime spirituali composte da Fra Girolamo
Canzone sopra la Felicità di Firenze
(di Fra Girolamo Savonarola)
tratto da un testo originale scritto a mano
Addì 12 di marzo dell’anno
et incarnazione del Signore MDXII
alle pagg.320-321-322
1
Viva nei nostri quori, viva o Fiorenza,
viva Christo il tuo Re, viva la Sposa
Sua Figlia e Madre e Tua Guida e Regina,
poi che Lor bontà Lor clemenza
piu viva piu potente, e gloriosa
che mai fosse esser debbi et il di sapprezza
ne puo tanta promessa
inestimabil dono esser gia vana
perche non lingua umana
il dice nò, ma la Bontà Divina.
2
Sopra ogni citta felice è pia
felice certo assai che alcun non crede
la che forse ancor tù non pensi, ò speri,
che se bene e morta in te ogni virtù
c’ogni onore paia a chi piu la non crede
pur vive in te quel glorioso seme,
onde ogni nostra speme
certo dipende onde uscin debbe il frutto
che se il mondo tutto
pasca o dolce Giesu de tuoi ben vevi.
3
Ben puoi Fiorenza mia ne tuoi tormenti
piu che alcun altra ne suoi gaudij et tante
pompe liete aspettar la tua salute,
poi che sola post hai tuoi fondamenti
ne santimonij e le tue porte sante
ama piu che alcun altra il tuo Signore
di sola si son dette in terra cose
tant’altre e gioiose,
che mai furon da alcuno in te vedute.
4
Non sai che quando a tanta grazia eletta
fusti che in ciel della tua alma e diva
regina dette pur queste parole
o Fiorenza città da Dio Eletta
dal mio figlio e da me tien salda e viva
la Fede, l’Oration, la Patienza.
Che a a cor data e potenza
di farti sempre in ciel con Dio beata
e qui in terra honorata
tra laltre quasi fra le Stelle un Sole.
5
Surgi o Gerusalem Novella, e vedi
vedi la tua gloria tua contesa et adora
la tua Regina et il tuo diletto Figlio
in te città di Dio che in pianto or siedi
tanto gaudio e splendor nascer deve ancora,
che non sol te, ma tutto il mondo adorni
in quei felici giorni
venin in te vedrai da ciaschedun fine,
divote e peregrine genti all’odore del tuo lacerato Giglio.
6
Dal tuo Giglio gentil che le sue foglie
in tanto scender deve fuor del tuo sdegno
che a tua ingrati vicini pose faccia ombra
benedetto da Dio sia ciaschedun che ha sdegno,
tuo ben la tua gloria e la tua pace
tu mentre al tuo che piace
aspetta pur che in un voltar di figlio
non senza meraviglia
sia sotto il velo che tua gloria adombra.
7
Canzona io non so ben se forse honesto
piu che il parlan forse il silenzio et in tanti
dubbi se ben che io pubblico ti mostri
se i doni di Dio ti taccion questo
vilio et ingrato se parli e canti
tu meco insieme e quei derisi sieno
dunque odentro al mio seno
sola ti godi sec pur ci vuoi altrove
non ti mostrar ma dove
non sia che vegga almen con gli occhi nostri.
Fine.
Ho consultato il testo il 24 maggio 2003 alle ore 8.55,
presso la Sala dei Testi rari e manoscritti
della B.N.C. di Firenze.
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4 risposte
Bellissima, grazie Maurizio per questa nuova perla!
Si, è bellissima. I ringraziamenti vanno a Savonarola che l’ha scritta e a chi l’ha trascritta. Ho avuto la fortuna di copiarla pubblicandola a mia volta.
Di Savonarola se è dette a dismisura solo io credo che il giudizio vada a tanto solo sulla sua fede che lui considerava estrema e incrollabile che in q.ei tempi era pericosa indiscutibile e lontana ai canoni del tempo.
Esattamente. Concordo con la sua analisi. Grazie per il commento 😉